Eccellenza e sostenibilità ambientale del Made in Italy: due facce della stessa medaglia


di Luciangela Lombardo
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In un mercato globale in continua espansione,la sostenibilità è sempre più riconosciuta come fattore di successo delle imprese che dimostrano di aver maturato una certa consapevolezza verso le pratiche green attribuendo loro un valore diverso rispetto a quello del passato. Tali adozioni strategiche contraddistinguono le aziende con una posizione di leadership competitiva, afferenti a gruppi e strutturate dal punto di vista della gestione e innovazione e della strategia della marca.
L’obiettivo comune, a questo punto, deve essere quello di fare del Made in Italy un modello eco-sostenibile. Garantire un’etica nella produzione nei propri affari, valorizzare le filiere a monte dei prodotti, mettere sul mercato prodotti sicuri, genuini, certificati e sostenibili in termini ambientali con un forte contenuto di servizio, sempre pensando alle generazioni future: deve essere questo l’intento italiano in un approccio globale; è necessario creare consapevolezza nel consumatore e aiutarlo a compiere scelte sempre più responsabili. Il vantaggio competitivo aziendale, dunque, è proprio quello di rispettare e accrescere il benessere secondo varie condizioni: attraverso diritti e regole universali, presupponendo una salvaguardia di quella che è una politica all’insegna della correttezza, evitando il cosiddetto ‘’dumping ambientale’’; la replicabilità degli stock di capitali, che racchiude quello naturale, umano, sociale ed economico, in cui l’impresa deve costantemente produrre per farne una strategia di corporate identity; un equilibrio tra la visione antropocentrica ed eco-centrica, atta a far rispettare all’uomo l’ambiente, fonte di tutte le risorse ed investimenti maggiori; l’interconnessione tra drivers di sviluppo della società e il rispetto dell’equità generazionale, in cui è necessario riportare i valori autentici al centro della società. Ed è proprio il rispetto di tali paradigmi sostenibili il lasciapassare a nuove forme di approcci, da parte degli stakeholder, per sostenere la responsabilità: soluzioni tecnico-scientifiche, infatti, predispongono il capitale umano alla ricerca dell’innovazione, le normative consentono di poter dare corpo ed atto a tali processi ed, infine, una nuova cultura sostenibile che permetta, qualora vi sia una visione olistica dell’insieme, di trovare le ‘’eccellenze’’ in vari ambiti, di innovare e ‘’trascinare’’ il sistema.
Su questa scia si sviluppa, così, il “newconcept” d’impresa, nella fattispecie dell’ecosostenibilità in campo alimentare del Made in Italy. Un esempio lampante è, sicuramente, l’impresa multinazionale ‘’Eataly’’. Promettendo di utilizzare la logistica della distribuzione per distribuire piccole produzioni tradizionali, il progetto Eataly rappresenta un esperimento su grande scala (il più importante tentato fino ad oggi in Italia).
Per descrivere la filosofia della sua impresa, l’ideatore disegna un quadrato diviso in quattro quadranti. Ognuno dei quadranti rappresenta uno stile di consumo definito da una combinazione di quantità (grande/piccola) e qualità (alta/bassa). Il posizionamento della GDO moderna in questo schema è molto chiaro: i supermercati si rivolgono (e contribuiscono a creare) a un consumatore interessato a consumare tanto (tanto di tanti prodotti diversi) e disposto ad accontentarsi di una qualità relativamente bassa. Eataly intende posizionarsi nel quadrato opposto quello definito da quantità limitate e qualità elevata. Contrariamente a quanto spesso affermato, l’originalità nel posizionamento di Eataly non risiede nella scelta di concentrarsi su prodotti di qualità elevata ma molto più originale nel meccanismo di Eataly è la decisione di orientarsi verso ridotte quantità di consumo.
La scelta della località e della stagionalità rappresenta un messaggio molto forte sul piano dell’immagine. A differenza della qualità organolettica (che è un valore difficile da valutare per un consumatore non esperto), si tratta di valori immediatamente comprensibili. Il segnale di discontinuità rispetto al resto della grande distribuzione è molto netto e facile da percepire.
Sostanzialmente il Made in Italy che si propone, seguendo la strategia di marketing di Farinetti, ha come cartina di tornasole quelle che è una scelta basata sulla competitività del prodotto e quindi sull’omogeneità, sicurezza e salvaguardia del consumatore. Si potrebbe tralasciare, però, un aspetto importante, forse di minor impatto per il “pubblico”, il quale riceve sul mercato soltanto il prodotto finito: quello della tutela ambientale. Il Made in Italy, effettivamente, non dovrebbe essere soltanto volto alla ricerca della materia genuina, ma dovrebbe focalizzarsi anche su quella che è la cornice dalla quale l’eccellenza viene estrapolata. Si tenga conto, infatti, di una sorta di sistema circolare, in cui il Made in Italy è posto al centro e al cui fianco coesistono altre realtà. Dunque è necessario, in un’ottica olistica, stabilire se tale prodotto sia, in questo senso sostenibile rispetto alla competitività, dove si attua una strategia basata sul marchio italiano e non di mere imitazioni poste sul mercato globale in cui vige la regola del prezzo più accessibile, accantonando totalmente l’aspetto della qualità. L’Eco- sostenibilità è altra condizione essenziale: impresa che produce Made in Italy e pone sul mercato prodotti che sono stati frutto di sfruttamento ambientale, raccolti in terreni non consoni, trascurati sotto il punto di vista territoriale e mantenuti in situazioni “nocive”, solo per un minor tasso monetario di produzione, non sono assolutamente considerati sostenibili. Così l’aspetto in materia della salute sembra prendere piede in siffatto discorso in cui, inevitabilmente, si sfocia: l’attenzione al dettaglio, le sostanze ormonali, l’accuratezza del processo produttivo e, soprattutto, la consapevolezza di offrire al consumatore una sicurezza portano a garantire alla “Italianità” una forte influenza sul mercato. E se si chiude, quindi, la circolarità pensando e predisponendo il terreno per le generazioni future, allora, il Made in Italy, quello vero, può pensarsi davvero all’avanguardia; avvicinare i giovani e sensibilizzarli per i tempi che verranno a non sprecare risorse non rinnovabili, a pensare in un’ottica di medio/lungo termine, di poter innovare soluzioni consone per il benessere ambientale: è questa la sfida più grande che i prodotti italiani devono porsi.