The unsustainability of present global society’s development model: origins and solutions
By Gian Paolo Cesaretti
Fonte: Gian Paolo Cesaretti, Insights and Suggestions. The unsustainability of current global society’s development model: Origins and solutions in “RIVISTA DI STUDI SULLA SOSTENIBILITA™’ 1/2018, pp 7-9, DOl: 10.3280/RISS2018-001002
Possiamo affermare che l’Agenda Globale approvata dalle Nazioni Unite nel Settembre 2015 costituisca l’evidenza del fallimento dell’ attuale Modello di Sviluppo.
Essa deriva proprio dalla dichiarazione della sua ” insostenibilità ” dal punto di vista economico, sociale, ambientale.
Esso infatti non rappresenta, quel bilanciamento tra aspetti qualitativi e quantitativi dello sviluppo ispirato non solo a principi di etica, equità intra e intergenerazionali, ma anche di efficienza. Esiste infatti, una stretta relazione tra efficienza, competitività, qualità della crescita economica e possibilità di miglioramento degli aspetti qualitativi dello sviluppo quali ad esempio lotta alla povertà, tutela della salute, salvaguardia dell’ambiente, non omologazione dei sistemi territoriali.
In una parola, dare all’attuale modello di sviluppo i caratteri della sostenibilità: economica, sociale, ambientale e istituzionale.
Abbiamo più volte affermato che l’attuale insostenibilità del modello di sviluppo dominante nella società globale, debba essere ricondotto alla “qualità” della governance delle tre fondamentali funzioni di ogni sistema economico: allocazione dei quattro stock di capitale (umano, naturale, sociale ed economico); accumulazione, qualitativa e quantitativa degli stessi; distribuzione della ricchezza prodotta.
E che le “radici”, le origini di questa non sostenibile governance vadano ricercate in tre categorie di squilibri: “valoriali”, “sociali”, “regolamentari”. La prima categoria di squilibrio, quello valoriale, va ricondotta ai modelli di benessere individuale e collettivo oggi dominanti nella Società Globale: esiste infatti una marcata difformità nella gerarchia di valori attribuita, almeno nel breve e medio periodo, tra le cosiddette “material living conditions” e “quality of life”, così come classificate dall’OCSE (rif bibliografico 2011) .
Ciò si traduce, inevitabilmente, in una altrettanto difforme redistribuzione del reddito personale disponibile tra le due “opzioni”, e in una, troppo spesso, eccessiva “esternalizzazione” delle responsabilità.
La seconda categoria, quella degli squilibri sociali va appunto ricondotta al modello di sviluppo fatto proprio dalla grande maggioranza degli Stati Sovrani, incapace, appunto, di garantire pienamente il “Diritto alla Domanda sociale” e, quindi, quell’equilibrio necessario tra aspetti quantitativi e qualitativi dello sviluppo, elemento distintivo della Sostenibilità.
La terza tipologia di squilibrio, quello “regolamentare” è ascrivibile alle Istituzioni Sovranazionali, incapaci o non interessate a garantire una armonia tra livello di globalizzazione delle regole di mercato e livello di globalizzazione dei diritti universali.
La ricerca della “Sostenibilità” passa dunque attraverso un Approccio integrato che veda individui, Stati Sovrani, Istituzioni Internazionali sinergicamente impegnati in una strategia di superamento dei tre squilibri valoriali, sociali e regolamentari, l’unica, a nostro avviso, capace di implementare i 17 goal di agenda 2030 e, quindi, una piena sostenibilità.
Figura 1
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“Spazio a un futuro Made in Italy”
Evento ASVIS settore Agroalimentare
Fonte immagine: Commons.wikipedia.org
CC BY-SA 4.0
I gruppi di lavoro ASVIS responsabili per il Goal 2 e Goal 9 presentano un evento con lo scopo di promuovere il ruolo della ricerca e delle nuove tecnologie per il settore agroalimentare legato alla sostenibilità.
L’evento si terrà il giorno martedì 9 maggio 2023 dalle ore 15:00 alle ore 17:30 presso la Chiesa dei Santi Marcellino e Festo nel Largo S. Marcellino (NA).
È possibile partecipare al Festival tramite le piattaforme ufficiali ASviS cliccando sui link di seguito: festivalsvilupposostenibile.it, sulla pagina Facebook dell’ASviS e sul canale YouTube dell’ASviS.
Il Festival dello Sviluppo Sostenibile 2023 ASviS, con una serie di convegni nazionali, ha lo scopo di sensibilizzare e affrontare tematiche urgenti della nostra società attraverso diverse giornate con lo scopo di trattare i 17 obiettivi promossi da “Agenda 2030”.
L’agenda Globale delle Nazioni Unite è un programma di azione, sottoscritto dai Governi di 193 Paesi nel settembre 2015, con diversi obiettivi da raggiungere entro il 2030 per uno Sviluppo Sostenibile. L’attuale modello di Sviluppo, infatti, non soltanto ha causato delle emergenze che oggi dobbiamo necessariamente affrontare, ma ha anche dimostrato di non poter essere sostenibile. Nel lungo termine, gli stock di capitale in nostro possesso, ovvero naturale, sociale, economico, umano, non riusciranno a sostenere più l’attuale modello di sviluppo.
Dal 2015 tutti i Paesi che hanno sottoscritto l’Agenda Globale delle Nazioni Unite dovranno impostare una nuova strategia nazionale di sviluppo. L’agenda e i suoi “Goal” tracciano il percorso utile per il superamento delle attuali criticità.
Il Festival dello Sviluppo Sostenibile 2023 organizzato da ASviS, nella la giornata del 9 maggio, insieme ai gruppi di lavoro Goal 2 e 9 affronterà un discorso riguardo al “Made in Italy”.
In merito, infatti, l’ASviS dichiara che «la capacità dell’industria agroalimentare di coniugare innovazione e tradizione rappresenta un fattore fondamentale per garantire l’accesso a cibo di qualità, sano, sicuro e sostenibile, valorizzando l’eccellenza del Made in Italy». Non è un caso che noi in Italia abbiamo sempre cercato di proteggere l’industria agroalimentare, fiore all’occhiello del Paese. Far in modo che le nuove tecnologie siano ben impiegate per aiutare lo sviluppo di questo settore è ciò che il Festival si propone come punto fondamentale della giornata riservata a alimentazione e infrastrutture.
L’evento sarà moderato dalla giornalista Rai Barbara Carfagna e introdotto da Cesare Avenia e Angelo Riccaboni, co-coordinatori nazionali rispettivamente del Goal 9 e del Goal 2.
A questa giornata del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2023 parteciperanno con interventi diverse figure illustri e SEO aziendali. Le conclusioni saranno a cura di Gian Paolo Cesaretti, co-coordinatore nazionale del Goal 2.
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I territori di fronte alla sfida della Sostenibilità
Fonte: Versione italiana del testo presente nel n° 1/2017 della Rivista di studi sulla Sostenibilità.
di Prof. Gian Paolo Cesaretti – Presidente della Fondazione Simone Cesaretti
Oggi, per l’intera Umanità la vera grande sfida è quella del “Sustainability empowerment”, ovvero, “la capacità di rendere il diritto alla Sostenibilità principio costitutivo di un nuovo progetto di società (globale), dove il benessere e la sua sostenibilità ne costituiscono l’obiettivo strategico fondamentale”.
Il processo di globalizzazione dei mercati, non accompagnato da una globalizzazione dei diritti e delle regole, ha spinto tutti i paesi verso una crescente omologazione dei modelli di consumo; del costo del lavoro; dei livelli di internalizzazione dei costi ambientali; dei livelli di tassazione dei capitali e delle politiche monetarie.
Con il risultato che, nelle strategie di posizionamento competitivo dei rispettivi sistemi economici, hanno prevalso sempre di più politiche di prezzo anziché un Approccio di Sistema alla Qualità: cioè, la capacità di tutti gli stakeholder di saper contribuire congiuntamente ad una governance delle tre fondamentali funzioni dell’Economia (allocazione, accumulazione, distribuzione). Governance che sia efficiente, efficace, etica, equa. E, quindi, in grado di perseguire un Progetto di Sostenibilità del Benessereindividuale e collettivo, attraverso l’internalizzazione dei costi della scarsità dei quattro stock di capitale naturale, umano, sociale ed economico: sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo.
Invece, la ricerca della soddisfazione dei bisogni umani volta alla creazione del benessere in termini di material living conditions and quality of life, per troppo tempo è stata condotta “esternalizzando i costi della scarsità” degli stock di capitali. E ciò, ha generato numerosi effetti negativi: “competizione in “dumping” rispetto al capitale finanziario; creazione di debito pubblico; scarso risparmio privato; sfruttamento del capitale naturale, al di là delle sue capacità di svolgimento delle sue tre fondamentali funzioni; disgregazione del capitale sociale; scarso investimento nel capitale umano; insufficienti investimenti in ricerca e innovazione.
Tutto ciò è avvenuto a spese delle generazioni future e provocando diseguaglianze tra quelle attuali e forti squilibri nei trend di sviluppo tra Paesi e tra sistemi locali, generando inoltre una “cultura dello scarto”: una marginalizzazione dei giovani, dell’ambiente, dei territori, delle “minoranze” in senso lato o, meglio di chi non ha voce e, quindi anche delle generazioni future.
In sintesi, la non “internalizzazione dei costi della scarsità”, in termini di stock di capitale (economico, sociale, ambientale e umano), ha determinato una governance non corretta del modo in cui l’economia globale ha assolto alle sue tre fondamentali funzioni: accumulazione delle risorse; loro allocazione, distribuzione della ricchezza prodotta. Da qui, l’insorgere di molteplici “questioni”: povertà, diseguaglianze, danni ambientali, etc. da qui, cioè, l’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo.
Diviene allora necessario “internalizzare i costi della scarsità”, nell’attuale modello di sviluppo della società globale:
– Minimizzando l’uso degli stock di capitale nella loro allocazione;
– Sostenendo i processi di accumulazione degli stock di capitale puntando sulla rinnovabilità delle risorse naturali, sulla qualità del capitale umano, sul riequilibrio tra capitale speculativo e produttivo, sulla non disgregazione del sociale;
– Modificando i modelli di distribuzione della ricchezza prodotta non “marginalizzando” così persone, paesi e sistemi locali.
In sintesi, efficienza ed efficacia nella allocazione delle risorse, etica nella accumulazione degli stock di capitale, equità nella distribuzione della ricchezza. Ne discenderebbe una diversa qualità della crescita macroeconomica globale; una diversa qualità del Pianeta; una maggiore aderenza dei beni e dei servizi prodotti dall’Economia globale alle istanze dei consumatori; un abbandono della cultura dello scarto.
Nel settembre 2015 le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda Globale per lo Sviluppo Sostenibile e i suoi obiettivi (obiettivi di sviluppo sostenibile) da essere conseguiti entro il 2030. Più di 170 Paesi nel mondo, approvando l’Agenda, hanno riconosciuto che l’attuale modello di sviluppo è insostenibile ed è quindi necessario adottare un approccio integrato allo scopo di raggiungere tutti i 17 obiettivi.
Il 13 marzo 2017 è stata presentata la “strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile” nel rispetto dell’impegno sottoscritto a Parigi dall’Italia, insieme agli altri paesi, in attuazione dell’Agenda 2030.
All’interno del nuovo contesto disegnato da questa strategia nazionale, i singoli sistemi locali, al di là di mettere in campo strategie di sviluppo territoriale, capaci di internalizzare i costi della scarsità, dovranno ricercare un loro posizionamento competitivo dentro l’attuale processo di globalizzazione. Dovranno, cioè, complessivamente, saper definire un nuovo e vincente “Paradigma di Sostenibilità Territoriale”.
A ciascuno stakeholder territoriale si imporrà la capacità di offrire il proprio contributo sia all’approccio di Sistema alla Qualità, così come più sopra definito, sia ad una strategia di posizionamento competitivo, con esso compatibile.
Una strategia di non omologazione, costituisce allora l’altro pilastro di un “Paradigma di Sostenibilità Territoriale”. Ogni territorio, infatti, presenta all’interno dei propri asset strategici degli elementi di non omologazione rispetto ai quali impostare delle azioni di tutela, supporto, valorizzazione e promozione, capaci di determinare un effetto moltiplicatore rispetto a tutto il Sistema Territorio.
Alle imprese, ai consumatori, al sistema della conoscenza e dei media, alle ONG operanti a tutela di vantaggi esclusivi possibili, quali capitale naturale, umano e sociale, ai policy maker locali, il compito di individuare behavioral models in linea sia con l’approccio di sistema alla qualità che con la valorizzazione degli elementi di non omologazione territoriale.
Come Presidente della Fondazione Simone Cesaretti, auspico che questi siano i campi della ricerca rispetto ai quali si concentreranno le migliori energie.
È questa la Ricerca che la Fondazione Simone Cesaretti intende sostenere.
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“La Questione Food in Agenda 2030: un approccio territoriale”
Lo scorso 30 maggio, nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile, si è svolto a Firenze nella Sala d’Arme di Palazzo Vecchio il Forum “La Questione Food in Agenda 2030: un approccio territoriale”.
L’evento, organizzato dalla Fondazione Simone Cesaretti e dall’AIQUAV con il contributo dell’INAS dell’Università di Firenze e il patrocinio del Comune di Firenze e dell’ENEA, trae origine dalle riflessioni sviluppate sul Goal 2 di Agenda 2030 che pone al centro della strategia di sviluppo sostenibile della società globale la “questione Food”.
Siamo, ormai, tutti consapevoli che il cibo giochi un ruolo fondamentale per il nostro benessere, pertanto affrontare la questione food non può prescindere dall’acquisire alcuni elementi conoscitivi sullo scenario alimentare globale e più in particolare sulle relazioni tra stili alimentari e benessere.
Rispetto quest’ultimo aspetto, la Prof.ssa Maggino, Presidente AIQUAV, ha illustrato, nel suo intervento, i risultati di un’analisi condotta con l’utilizzo di serie storiche dell’ISTAT sull’Indice di Massa Corporea degli italiani da cui emergono alcune informazioni su andrebbero sviluppate delle riflessioni in termini di policy: circa la metà della popolazione italiana adulta è di peso normale, i dati sugli obesi uomini e sulle donne hanno una tendenza diversa, mentre le donne obese sono decisamente diminuite negli anni, gli uomini sono aumentati.
Nel 2013, la regione dell’Italia con la più alta percentuale di persone obese adulte è la Basilicata, il segmento di popolazione che ha la più alta percentuale di persone normo peso sono i giovani tra i 18-24 anni. Molto interessanti sono anche le correlazioni tra la condizione dei genitori e quella dei figli adulti conviventi: tra quest’ultimi, la percentuale di persone obese e in sovrappeso è maggiore nelle famiglie in cui entrambi i genitori sono in sovrappeso o obesi.
Se questo è uno spaccato della situazione italiana, Il Prof. Greco, Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, ha offerto, invece, delle suggestioni sullo scenario alimentare futuro, ipotizzando la sostituzione dei classici alimenti come pesce, carne, vegetali con alghe, insetti, meduse, nuovi vegetali altamente proteici, ecc.
Al 2030 saranno molti i cambiamenti che andranno affrontati: la popolazione mondiale supererà gli 8 milioni, aumento fino al 40% della domanda alimentare, il livello del mare farà registrare un +12%; la domanda di energia crescerà del 45% e quella di acqua del 30%. Senza contare i tanti interrogativi che andranno risolti, come ad esempio, riusciranno a sopravvivere elementi quali tradizioni e semplicità a fronte dell’impatto che innovazione tecnologica e scoperte scientifiche hanno (e avranno) in ambito alimentare?
Tutto questo ha posto attenzione sulla necessità del “Sistema Food” di soddisfare le istanze globali della domanda (accesso al cibo, qualità, sicurezza e nutrizione), contribuendo, nei territori di riferimento, all’implementazione del “Paradigma di Sostenibilità Territoriale”.
Quest’ultimo è stato definito nella relazione di apertura del Prof. Cesaretti, Presidente della Fondazione Simone Cesaretti, come il modello di sviluppo territoriale capace di sostenere nel tempo un benessere individuale e collettivo. La sua efficacia si fonda su due pilastri:
• internalizzare i costi della scarsità con un Approccio di Sistema alla Qualità;
• garantire un posizionamento competitivo vincente nell’attuale processo di globalizzazione attraverso una Strategia di non omologazione.
Se puntare sulla non omologazione come fattore competitivo per il “Sistema Food” italiano non è difficile da immaginare, lavorare internalizzando i costi della scarsità è sicuramente qualcosa di poco conosciuto. La soluzione proposta per adottare un Approccio di Sistema alla Qualità è ispirarsi ai principi dell’Economia Circolare, che, quindi, diviene fondamentale per realizzare un Paradigma di sostenibilità del benessere nei territori.
Riuscire ad internalizzare i costi della scarsità significa:
• Minimizzare l’uso degli stock di capitale nella loro allocazione;
• Sostenere i processi di accumulazione degli stock di capitale puntando sulla rinnovabilità delle risorse naturali, sulla qualità del capitale umano, sul riequilibrio tra capitale speculativo e produttivo, sulla non disgregazione del sociale;
• Modificare i modelli di distribuzione della ricchezza prodotta non “marginalizzando” così persone, paesi e sistemi locali.
Tutto ciò è stato affrontato nelle quattro sessioni del convegno dedicate a: Agricoltura sociale, Agricoltura di prossimità, Agricoltura eco sostenibile e Agricoltura e Istituzioni a supporto.
L’agricoltura sociale, come spiegato dal Dott. Di Stefano, Presidente della Rete delle Fattorie Sociali, può essere considerato un modello che risponde all’internalizzazione della scarsità favorendo l’inclusione nei processi produttivi di una forza lavoro “speciale”, le persone svantaggiate. È stato evidenziato l’utilità di queste pratiche agricole non solo per quest’ultime ma anche per la comunità, in termini di risparmio di risorse destinate alla loro assistenza. Le diverse forme di agricoltura sociale potrebbero essere considerate dei veri e propri strumenti di governance per attuare politiche di welfare. In Italia lo sviluppo di queste realtà è sempre più diffuso e il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, con l’istituzione dell’Osservatorio nazionale dell’agricoltura sociale, mira a coordinare e monitorare il loro operato.
La non marginalizzazione, questa volta delle aree periurbane, è stato il fulcro delle riflessioni portate dal Prof. Bernetti per l’agricoltura di prossimità. In particolare, si è evidenziato quanto nel rapporto fra città e campagna le aree rurali periurbane si trovano ad essere il contesto più fragile, in quanto, anche nei casi migliori, la produttività di un loro sfruttamento agricolo risulta sempre inferiore alla loro valorizzazione in caso di urbanizzazione o industrializzazioni. È necessario, quindi, trovare strumenti che permettano di poter conservare il carattere agricolo di questi spazi, auspicando la costituzione di un Patto fra “agricoltori periurbani” e cittadini in cui attraverso un rapporto di reciproca conoscenza e di interazione si possono ricostruire quelle relazioni di rete e di innovazione che caratterizzano un nuovo tipo di distretto rurale-urbano caratterizzato dallo sviluppo di strategie coordinate fra imprenditori agricoli, attori delle politiche territoriali e rurali ma anche operatori del tessuto sociale della città.
L’insieme delle “convenienze congiunte” fra urbano e rurale, può sostenere la costituzione di un sistema di economia di prossimità ove gli aspetti della produzione primaria e del cibo nonché della protezione ambientale si integrano con una più generale messa in valore del patrimonio territoriale.
Nella sessione dedicata all’Agricoltura eco-sostenibile, il Dott. Campiotti, Responsabile UTEE-ENEA, ha posto l’accento sulla necessità di minimizzare l’uso degli stock di capitale nella loro allocazione. Sono state evidenziate le performance in termini energetici di alcune produzioni e solo per le produzioni di vegetali freschi in campo, si registra un bilancio positivo tra energia consumata nel processo produttivo e valore energetico del prodotto. La differenza diventa sempre più negativa, quanto più articolato e lungo diventa il processo produttivo, come ad esempio per gli ortaggi surgelati. Oltre l’urgente bisogno di intervenire nei processi di agricoltura convenzionale e importate osservare le dinamiche sociali e individuare le nuove frontiere dell’agricoltura. Nel 2030 circa l’80% della popolazione vivrà in aree urbane, questa concentrazione determinerà l’esigenza di nuovi spazi di produzione sempre più vicini. Una soluzione potrà essere rappresentata dallo sviluppo di un’agricoltura urbana in delle Vertical Farm, in cui gli alimenti sono prodotti in un sistema di serra semichiuso o chiuso, orientati alla massima efficienza in termini di utilizzo dei fattori produttivi, ad esempio, riescono a garantire l’assenza di perdita di acqua/soluzione nutritiva con sistemi di ri-uso e/o smaltimento sostenibile.
Un altro aspetto fondamentale per internalizzare i costi della scarsità è la qualità del capitale umano. Questo argomento è stato affrontato dal Prof. Pulina, Presidente della SIEA, che ha dichiarato la necessità di un riorientamento del sistema della conoscenza.
Il sistema della conoscenza, infatti, è chiamato ad offrire risposte alle istanze del presente, ovvero, ad avere una visione di lungo termine riuscendo ad anticiparle e a lavorare per trovare le migliori soluzioni. Questo è ancor più rilevante quando parliamo di sostenibilità. Il sistema della conoscenza ha l’onere di dover far proprio l’orientamento alla sostenibilità e far convergere ad essa tutte le sue espressioni. In tale logica, è ormai dirimente integrare nell’offerta formativa i principi dell’Economia Circolare.
Tutti gli interventi e il dibattito conclusivo hanno evidenziato il grande interesse ai temi della sostenibilità e l’impegno a voler rendere il Sistema Food protagonista dell’abbandono della cultura dello scarto.
La Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile, una responsabilità condivisa.
Lo scorso 21 marzo, presso L’Auditorium del Ministero dell’ambiente e della Tutela del territorio e del Mare, è stata presentata la Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile. Il documento è stato definito fortemente partecipato e condiviso, per la stessa ammissione del ministro Galletti, il quale ha enfatizzato come la realizzazione dei tanti contenuti, sia stata possibile grazie al contributo attivo di molti altri Ministeri, in particolare Esteri e Sviluppo Economico. La prima Strategia Nazionale intende delineare nuovi sentieri sostenibili per il futuro dell’Italia, caratterizzandosi per essere la prima proposta politica italiana, in risposta al nuovo modello di sviluppo previsto dall’Agenda Globale.
Persone, Pianeta, Prosperità, Pace e Partenership, sono le cinque aree tematiche entro cui le diverse questioni; ambientali, sociali ed economiche, connesse ai 17 obiettivi di Sviluppo sono state analizzate. L’analisi di tali questioni, presenti in diversa misura su tutto il territorio nazionale, è avvenuta mediante l’utilizzazione di particolari indicatori dai quali si è potuto rilevare l’attuale posizionamento italiano rispetto ai singoli obiettivi di sviluppo. Avuto il quadro complessivo, il secondo step è consistito nell’immaginare possibili soluzioni volte al superamento di tali questioni. Da qui, i diversi contenuti della Strategia sono stati elaborati secondo quattro principi guida, ritenuti ormai imprescindibili per lo Sviluppo Sostenibile quali; Integrazione, Universalità, Inclusione e Trasformazione.
Questo lungo percorso che ha spinto la rappresentanza politica italiana verso la redazione della prima Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile, va diramandosi lungo un Approccio Integrato alla Sostenibilità, basato sul principio di coinvolgimento dei diversi stakeholder territoriali, considerati tutti “parte attiva” nello sviluppo sostenibile della Società. La Strategia Nazionale quindi, si configura come una tappa saliente di un lungo processo di partecipazione. Come è stato ribadito dal presidente dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASVIS) Pierluigi Stefanini, tale processo, volto al cambiamento, non è che nella sua fase iniziale.
Il Documento segna l’inizio di un percorso, di una svolta socio-culturale, che necessita di una nuova etica-economica. Nella nuova economia del futuro infatti, non soltanto i valori ambientali avranno un ruolo cruciale, ma quella che ognuno di noi conosce come economia circolare, diverrà un punto essenziale nella reddittività d’impresa. Tutto questo per radicarsi nella nostra Società Globalizzata, ha bisogno di una sorta di Contro-Cultura dominante, che usa una comunicazione responsabile per promuovere il Benessere Sostenibile a tutti i livelli del Sistema. In tal senso azioni di comunicazione ed informazione, volte al perseguimento della Cultura della Sostenibilità, sono lo strumento ideale per vincere questa sfida tutta italiana. Una sfida che ci vede profondamente coinvolti nell’ambito dei luoghi in cui viviamo e che rimanda al principio di una responsabilità condivisa.
A tal fine cittadini, imprese, settori a supporto, organizzazioni non governative e soprattutto l’informazione hanno tra le mani la possibilità di cambiare il Sistema, tracciando un percorso di futuro migliore per l’Italia e gli Italiani.
SDG 8: importante passo avanti per il mondo del lavoro
Transforming our World: The 2030 Agenda for Sustainable Development sostituirà gli Obiettivi di sviluppo del millennio. L’approvazione unanime degli Stati membri delle Nazioni Unite, di “Agenda 2030”, dà alla comunità internazionale quell’impulso di cui necessita per lavorare insieme e per affrontare le sfide poste all’umanità e al nostro pianeta, in particolare quelle nel mondo del lavoro. L’Obiettivo 8 cerca di “incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti.” Con una disoccupazione destinata a crescere nei prossimi cinque anni – probabilmente, entro il 2019, 212 milioni di persone in più saranno prive di un impiego e molte di più saranno bloccate in lavori vulnerabili e precari – questo obiettivo riflette le preoccupazioni dei Governi e delle persone di tutto il mondo. Il tema del lavoro dignitoso per tutti è trasversale all’intera Agenda grazie ad uno specifico obiettivo «promuovere una crescita economica sostenuta, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva e il lavoro dignitoso per tutti». Sono inoltre presenti specifici target sull’occupazione giovanile, il lavoro minorile e il lavoro forzato, la valorizzazione delle competenze, l’empowerment delle donne e la crescita della produttività e del lavoro produttivo. L’Agenda 2030 riafferma anche la necessità di rispettare, proteggere e promuovere le libertà fondamentali per tutti e riconosce l’importanza della protezione sociale, così come del contributo positivo dei migranti a una crescita inclusiva e allo sviluppo sostenibile. Le priorità di un lavoro dignitoso sono comprese anche in altri obiettivi. Nell’Obiettivo 4 in materia di educazione sono contemplate le capacità tecniche e professionali, mentre nell’Obiettivo 1 in materia di povertà sono trattate le piattaforme di protezione sociale. Ora è necessario chiedersi se, tutto questo davvero si potrà trasformare in cambiamenti effettivi nel mondo del lavoro? Nonostante il sorprendente progresso in alcuni campi, i precedenti Obiettivi del Sviluppo del Millennio hanno ottenuto risultati contrastanti. Quindi, gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile possono avere dei risultati migliori? La risposta è che bisogna ottenerli. Resta comunque importante sottolineare che, il nuovo programma non è vincolante, bensì volontario. Anche se, condizionerà gli ambiti essenziali della politica, indirizzerà l’opinione pubblica, guiderà l’Aiuto pubblico allo sviluppo (ODA) e fornirà alcuni punti di riferimento per valutare e controllare le decisioni dei Governi. Inoltre definirà il percorso per le attività di programmazione all’interno del sistema di sviluppo delle Nazioni Unite. In termini di Obiettivi e di agenda del lavoro dignitoso, su cosa dovremmo concentrarci? Riportiamo alcune riflessioni, dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, su tre settori chiave. 1. Cambiamenti delle politiche a livello nazionale Mentre gli obiettivi sono globali, ogni Nazione stabilirà i propri obiettivi nazionali. Il successo dipenderà principalmente dall’azione a livello nazionale, spinta soprattutto dalla disponibilità, da parte dei Governi, di dare priorità agli obiettivi e agli scopi e di saper adattare la loro politica. Strategie nazionali esaurienti e operative per l’Obiettivo 8, tra cui l’occupazione e lavoro dignitoso, richiederanno anche strumenti diagnostici, indicatori affidabili e una nuova disponibilità riguardo ai trasferimenti e alle cooperazioni all’interno dei settori della politica. 2. Accordo mondiale Un ambiente internazionale di supporto sarà necessario per far avanzare l’agenda post-2015, in particolar modo nei Paesi più poveri. Tuttavia un accordo globale è tuttora una questione delicata, un campo dove gli Obiettivi del Sviluppo del Millennio hanno chiaramente fallito. Comunque, il contesto internazionale è cambiato. Ci sono segni di uno spostamento verso una costellazione di potere multipolare e verso innovazioni nelle istituzioni dell’amministrazione mondiale, come il nuovo ruolo del G20 e la Nuova banca di sviluppo che è stata proposta (precedentemente chiamata Banca di Sviluppo dei BRICS). L’Aiuto pubblico allo sviluppo resterà fondamentale per alcuni Stati emergenti e per alcuni settori, ma sarà in ugual modo importante anche la ripresa nella tendenza dello sviluppo delle strutture internazionali per il commercio, finanza, investimento, tecnologia, gettito fiscale, migrazione e l’ambiente. 3. “Agire uniti” Una cooperazione più vicina agli obiettivi di sviluppo sostenibile con altre agenzie e magari con enti finanziari internazionali sarà una preoccupazione essenziale e rinnoverà gli sforzi per agire come un unico sistema delle Nazioni Unite. Per concludere, finora è ben riconosciuto nel programma post-2015 il potenziale del lavoro dignitoso come un conducente per uno sviluppo generalizzato e sostenibile. A nostro avviso, lo sviluppo sostenibile è possibile solo con la partecipazione attiva del mondo del lavoro. I governi, i datori di lavoro e i lavoratori non sono osservatori passivi bensì attori del cambiamento, capaci di concepire nuove figure professionali, nuovo Capitale Umano, attento ai temi della sostenibilità (no Dumping pathways). Il nuovo capitale umano, che offre il proprio contributo alle 4 dimensioni dello sviluppo sostenibile, è definito dalla Fondazione Simone Cesaretti “Sustainable Jobs”. +++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++
Consumo Responsabile, una sfida nella Globalizzazione
Raggiungere l’obiettivo 12 dell’Agenda Globale significa garantire entro il 2030 modelli sostenibili di produzione e consumo. In questo numero del nostro giornale abbiamo scelto di concentrarci sul Consumo Sostenibile. Siamo convinti che un cittadino – consumatore consapevole, debba avere informazioni utili ad orientare il proprio stile di vita verso la Sostenibilità del Benessere. Per questo cittadino, che voglia contribuire alla strategia di Agenda 2030, molto del proprio contributo dipende dalle relative scelte di consumo.
Tuttavia, quanti di noi sanno cosa s’intende esattamente per Consumo Sostenibile? Sinteticamente possiamo definire modelli sostenibili di consumo, quelle scelte d’acquisto di beni e servizi compatibili, simultaneamente, con tutte le dimensioni dello Sviluppo Sostenibile. Ciò include modelli di scelte d’acquisto volte alla riduzione di possibili impatti ambientali, economici e sociale sul Benessere Sostenibile, lungo tutto il ciclo di vita. Nell’ultimo decennio la necessità di preservare le risorse, in particolare quelle ambientali ha imposto all’attuale Società Globale una revisione dei propri canoni di sviluppo. Ciò per il consumo ha significato l’adozione da parte dei cittadini – consumatori l’adozione di stili di vita più consapevoli. Tali stili di vita rispondono, come del resto ognuno dei 17 obiettivo di sviluppo proposti da Agenda, ad un Approccio Integrato al Benessere Sostenibile. Tale Approccio, interpretando perfettamente l’aspetto multidimensionale della Sostenibilità, entra nel consumo, modificandone significativamente i relativi modelli. Questo Consumo Diverso, appartiene al cosiddetto cittadino – consumatore critico. Costui è capace di fare scelte che simultaneamente; non danneggiano l’ambiente; non fanno male alla salute; non accettano qualsiasi forma di sfruttamento del lavoro. Tali scelte vanno tendenzialmente sul prodotto identitario, sul servizio locale, prediligendo la tradizione, come l’innovazione che sappia raccontare il territorio di riferimento e la sua storia. Da qui, relativamente al Consumo, alcuni target previsti nell’obiettivo, sono particolarmente rilevanti. Possiamo perciò affermare che perseguire un Consumo Sostenibile, vuol dire in prima istanza affrontare e risolvere tali target. In tal senso, soprattutto per quanto interessa il Consumo Alimentare, un’azione volta a dimezzare lo spreco pro capite di rifiuti alimentari, intercetterebbe la sostenibilità nel consumo, orientando i consumatori a scelte d’acquisto più attente. Tale target per il consumatore, prevede l’adozione di modelli di consumo alimentare, funzionali aduna spesa consapevole. Altra strategia significativamente rilevante per un Consumo Responsabile, dovrebbe portare alla riduzione della produzione di rifiuti attraverso azioni di prevenzione; riduzione; riciclaggio e riutilizzo. Queste attività intersecano in maniera cruciale i modelli di consumo che intendano perseguire la sostenibilità. Tali comportamenti appartengono ad uno stile di vita responsabile, simultaneamente, verso la salute, l’ambiente, il milieu ed in generale tutte verso tutte le istanze di benessere sostenibile individuale e collettivo di una Società. Tuttavia, prima che le persone modifichino i propri stili di vita orientandosi verso un Consumo Responsabile, occorre che queste stesse persone abbiano le informazioni giuste. Dobbiamo perciò sapere cosa consumiamo e capire se il nostro modello di consumo è sostenibile per tutti e in tutto il Mondo. Ciò significa avere consapevolezza del fatto che molto spesso, in un altro contesto o magari qualcun altro, paga un prezzo troppo alto per ognuna delle nostre scelte. Noi crediamo che la consapevolezza in tema di sviluppo sostenibile debba entrare nel Consumo profondamente, modificandone l’insostenibilità strutturale di molti dei relativi modelli.
L’Italia verso lo Sviluppo Sostenibile
Nel settembre 2015, le Nazioni Unite approvano l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. Il documento mette in luce i limiti dell’attuale Modello di Sviluppo delineando nuovi “orizzonti” per il nostro Pianeta. Agenda 2030 dà dunque una nuova direzione allo sviluppo. Tale “direzione” va interpretata come quel processo di cambiamento, capace di portare il Mondo verso un “Sentiero Sostenibile”, attraverso la definizione di strategie compatibili con lo stesso. Tutti i Paesi sono chiamati a contribuire, mettendo in atto la propria strategia nazionale di sostenibilità. L’Agenda si fonda su 17 obiettivi e 169 target da raggiungere entro il 2030. Sarà proprio rispetto ad essi, che ciascun Paese verrà monitorato e valutato periodicamente in sede ONU. L’Italia è fra questi. Nell’ultimo biennio infatti, il nostro Paese, alla luce della propria adesione all’Agenda Globale, si sta predisponendo verso l’attuazione di una Strategia Nazionale di Sostenibilità. Il Paese, attraverso un documento prodotto dal Ministero dell’Ambiente, il “Posizionamento Italiano rispetto ai 17 obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite”, ha dato la prima risposta sul tema. Il documento infatti, ha tentato di “misurare la distanza” rispetto ai target relativi a ciascun obiettivo. In altri termini, ci è chiesti quanto l’Italia fosse ancora lontana dagli obiettivi di sviluppo previsti al 2030. Contestualmente, anche L’Alleanza Italiana per Lo Sviluppo Sostenibile (ASVIS) ha dato il proprio contributo, con il Rapporto ASVIS 2016, “l’Italia e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile”. Tale documento rappresenta una prima valutazione approfondita dei punti di forza e di debolezza del nostro Paese rispetto agli impegni previsti dall’Agenda, assunti di fronte al Mondo. Da entrambi i documenti si evince la necessità di un approccio multidisciplinare e multidimensionale ai Goal. In particolare, occorre contestualizzare l’Agenda 2030 rispetto alla quattro dimensioni della sostenibilità: Ambientale, Economica, Sociale ed Istituzionale. Per rafforzare quanto affermato ed aggiungere ulteriori spunti riflessivi, noi riteniamo che un attenta analisi dell’Agenda 2030 richieda la capacità di interpretare i Goal rispetto a due criteri precisi. Il primo criterio è l’Approccio Integrato al Benessere ed alla sua Sostenibilità: Cioè il passaggio da un’analisi segmentata, alla capacità di dare per ogni singolo Goal soluzioni che soddisfino le quattro dimensioni della Sostenibilità, contemporaneamente. Il secondo criterio è l’Interconnessione tra Goal: Cioè una lettura dei Goal che tenga conto dei collegamenti presenti tra gli stessi.